“La cappella della Pietà o Rettoria dello Spirito Santo in Torre Annunziata” di Giuseppe Damiano (1927)

Giuseppe Damiano
La cappella della Pietà o Rettoria dello Spirito Santo, oggi parrocchia della Immacolata Concezione in Torre Annunziata (Cenni Storici)
Torre Annunziata: Prem. Stab. Tipo-litografico Cav. Uff. E. Prisco, 1927, pp. 60, 13x19cm.
«Premurato, da una accolta di amici, a scrivere “quattro parole” in riguardo alla locale antica Cappella della Pietà della Pietà o Rettoria dello Spirito Santo – e ciò in occasione della fausta paesana ricorrenza della erezione a Parrocchia Rettoria o Cappella – credetti accogliere, con entusiasmo, la gentile per quanto lusinghiera proposta; non di altro preoccupato – devo confessare – che del se mai, l’opera commessami, fosse per riuscire non alla maniera per come, nella mente loro, potevano e dovevano aspettarsela quei buoni che a me si affidavano. E il dubbio, nell’animo mio, non sorgeva invano, o per semplice caso. Le cognizioni di antichità e belle arti, non costituiscono il mio forte, nell’ampia e varia lista dell’umano scibile; all’istesso modo per come, la storia patria, o meglio la storia di casa nostra, non è – a dirla breve – il genere adatto, la materia preponderante, la natura specifica del saper mio – sapere al certo, ben limitato e relativo. Egli è stato con siffatti “si e no tenzonantimi nel capo” che sonomi accinto a buttar giù appunti sopra appunti e note sopra note, il tutto desumendo, per quello che mi è stato possibile, da fonti di pretta indole similare, ed ogni cosa catalogando alla maniera che, preferentemente, il caso o la fortuna, hanno voluto che io riuscissi a desumere e catalogare. E ne è venuta su questa tenue opera, questa malformata opera – devo aggiungere – che ho la inesperata sorte, oggi, di presentare al giudizio di quei che, magari per poco, vorranno occuparsene. Non era in me, l’altra parte, il tornare su i miei passi, o far diversamente, onde poter al male o al bene, da rimedio. Avevo accettato, l’invito espressomi, avevo fatto buon viso al mandato offertomi, e dovevo quindi, dire e fare qualche cosa, siccome ho detto e fatto, poco o niente badando a quello che potevane derivare. E devo, adesso, tollerare che il mio conseguente prodotto del mio assentimento, della mia annuenza, della mia accettazione, insomma, venga discusso e vagliato dal lettore benevolo e tollerante che io mi imprometto. A lui soltanto, è permesso dire del valevole o dell’insignificante che, in questo lavoro mio, possa rattrovarsi. Prevalga, senonché, innanzi al tribunale del di lui giudizio, quale vera e propria discriminante a mio favore, una considerazione di alta importanza; che, cioè, di tempo, per scrivere quello che mi è stato richiesto di esporre, di narrare, una piuttosto esigua parte me ne è stata concessa; mente che, pel soggetto a dover trattare, sarebbevene abbisognato, di tempo – a voler essere coerenti e ragionevoli – un quantitativo a ben più larghe proporzioni esteso, a ben più esatta valutazione rapportato.
Torre Annunziata, dicembre 1926.» Giuseppe Damiano